Maria Dalle Donne, Ad Alta Voce 2023 Testo: Susanna Borghi, lettura: Roberta Martelli
Maria Carolina Dalle Donne (secondo altre fonti Anna Maria) nacque a Roncastaldo, un tempo comune dell’Appennino bolognese e oggi frazione di Loiano, da Carlo Dalle Donne e Caterina Nanni, braccianti di condizioni assai modeste.
Carolina Bonafede, nella sua opera “Donne Bolognesi Insigni” dice:
“Nel 1776, sulla giogaia degli Appennini, e precisamente nel punto in cui la riunione di circa 70 famiglie costituiscono il Comune di Roncastaldo, lungi da Bologna 18 miglia, nasceva una fanciulla che al sacro fonte chiamarono Maria Carolina.”
Tuttavia la data di nascita è controversa e l’Almanacco Statistico Bolognese cita come datadi nascita quella del 12 luglio 1778,
Non si hanno molte notizie riguardo alla sua infanzia (se abbia avuto fratelli o se sia vissuta per diversi anni accanto ai genitori) ma, secondo i primi biografi, la piccola Maria era affetta da una malformazione alle spalle, ragion per cui le furono risparmiate le fatiche dei campi e fu invece avviata agli studi.
Della sua formazione ebbe cura uno zio paterno, Giacomo Dalle Donne, sacerdote presso Ponte a Idice.
Maria Dalle Donne mostrò subito eccezionali capacità di apprendimento, nonché un’intelligenza assai vivace, doti che spinsero don Giacomo a presentare la nipote al suo amico Luigi Rodati, botanico e medico condotto, il quale decise di occuparsi personalmente dell’ istruzione della fanciulla nelle lettere italiane e latine, nella speranza che potesse diventare una nuova Laura Bassi.
Il Rodati scriverà di Maria ad un suo amico:
«Est apud me Bononiensis puella undecim annos nata, quae latine loquitur, et scribit, et ad humaniores litteras incumbit. In ea posita est omnis spes recuperandae Laurae Bassiae. »
Infatti Maria era nata proprio nell’anno della scomparsa di Laura Bassi Veratti, nota per essere stata una delle prime donne italiane laureate.
Maria segue il Professor Rodati a Bologna e qui intraprende gli studi di matematica, fisica, filosofia, anatomia, patologia e infine ostetricia.
Quest’ultima disciplina, proprio a Bologna, era entrata a far parte degli insegnamenti accademici, da quando, nel 1757, l’Istituto delle Scienze aveva affidato a Giovanni Antonio Galli prima e a Luigi Galvani poi la direzione del nuovo corso sperimentale.
Il 19 dicembre 1799, la ventunenne Maria Dalle Donne, accompagnata da Clotilde Tambroni, presso il Teatro anatomico dell’Archiginnasio, da dove commentò magistralmente due tesi assegnatele quattro ore prima e tratte da un testo di Aristotele e da un aforisma di Ippocrate, al cospetto di due controrelatori tra cui il figlio della Bassi Veratti, un certo Paolo Veratti,conseguì la laurea in medicina.
Ulteriore traguardo fu poi l’abilitazione all’insegnamento, che la Dalle Donne ottenne nel maggio del 1800. Esponendo ben tre dissertazioni: la prima riguardante le caratteristiche fisiologiche dell’apparato genitale e riproduttivo delle donne alla luce delle moderne teorie emerse, la seconda le pratiche mediche chirurgiche e igieniche del parto e delle puerpere e la terza sulle malattie dei neonati ponendo soprattutto l’accento a quell’aspetto che la gestazione, il parto e il puerperio sono momenti vissuti da due esseri umani e di entrambi è necessario preservarne la vita.
Nonostante i titoli acquisiti e le celebrazioni in quanto donna e in quanto vanto nazionale, tuttavia, dovette lottare affinché lo status accademico raggiunto venisse premiato con un’effettiva mansione.
Questa arrivò solo nel 1804 ma, mentre Laura Bassi era riuscita a ottenere una docenza interna, la Dalle Donne dovette accettare un ruolo esterno come direttrice della neonata Scuola di Ostetricia.
Ne fu responsabile per quasi 40 anni, gran parte dei quali dovette ospitare nella sua abitazione di Via Saragozza, le giovani levatrici e i corsi a loro impartiti.
La Bonafede la descrive così:
Ella era delle sue allieve in un tempo madre tenera, mecenate previdentissima, , rigorosa maestra.
Pertanto la Dottoressa nelle lezioni che apprestava, non risparmiava studio, tempo, cure e fatiche; adattava i mezzi alla circostanze; e sebbene, come fu notato, profondissima nel latino, e non affatto digiuna di greco, servivasi del famigliare linguaggio, e spesse fiate del dialetto bolognese, giacché ella voleva essere intesa dalle sue allieve, non ammirata.
I suoi modi erano cordiali, affabili, amichevoli con esse; quando però le passava ad esame era inesorabile: il suo cuore, non debole, ma buono, sensatamente ripugnava macchiarsi della falsa pietà che poteva spandere il lutto in tante povere famiglie.
Maria giustamente raccappricciava di spesso affidare due vite in un tempo alle mani di femmine rozze, inette e non di rado o sì vili che per amore dell’oro, o sì ignoranti per presunzione, e fors’anco sì stolte che per malintesi pregiudizi, azzardano o accondiscendono a tentare cose a loro inconcepibili affatto: imprudenze che anco coronate da esito fortunatissimo meriterebbero severe punizioni.
Sebbene i tempi stessero rapidamente cambiando e alle trasformazioni napoleoniche seguisse velocemente il ripristino papalino, facendo sì che l’esperienza straordinaria del Settecento bolognese, andasse bruscamente a terminare, mettendo in ombra le donne studiose, soprattutto dal punto di vista economico, Maria Delle Donne, oltre alla pensione benedettina, ebbe il supporto dal filantropo Prospero Ranuzzi, che le assegnò una rendita annua e le fece dono di una preziosa raccolta di strumenti scientifici.
Maria Dalle Donne muore il 9 gennaio del 1842 nella sua casa di Via Saragozza 147. Il 13 gennaio viene sepolta nella Certosa di Bologna dove oggi la ritroviamo.
Carolina Bonafede narra così l’epilogo della vita di Maria, lasciando punti di sospensione sul giorno esatto della morte
Questa insigne la sera dei ………Gennajo 1842, concambiando con auguri di una notte felice le benedizioni che invocavano su donna sì modesta e sì pia, le due persone tenute a servizio, placidamente si adagiava nel letto: un istante dopo, udito dalla fantesca un lieve lamento dell’amata padrona, accorsa al letto, la trovò oppressa da sincope.
Non si ommise di chiamare il Dottore Fisico, ma si volò dal parroco il quale, in men che si dice, fu presso la Dottoressa, non più morente, ma già spenta.
La mattina seguente Maria fu compianta non solo dalle allieve e dalle colleghe e dai colleghi del Collegio Medico, ma anche da tutti gli indigenti, che vedevano in lei una benefattrice e da tutti coloro che l’avevano conosciuta anche sotto altri aspetti.
La Bonafede infatti ne cita così doti letterarie e musicali:
Non fu la Dottoressa aliena dal coltivare le amente lettere; che stupenda era in poesia latina e italiana; ma troppo umilmente sentendo di sé, nulla riteneva, per cui nulla di lei ci è rimasto. Nella musica abbastanza esperta per esporsi nelle solennità a suonare l’organo in varie chiese, e più di frequente in S. Caterina di Saragozza, alla quale apparteneva come parrocchiana.
L’iscrizione latina della sua lapide recita:
«Sepolcro di Maria / figlia di Carlo Dalle Donne / donna di grande dottrina
illustre per ogni genere di virtù / dottoressa in filosofia e medicina
ascritta, in segno di onore, fra i soci dell’Accademia Benedettina.
Pia, amabilissima, castigata / ebbe consuetudine e famigliarità con gli scienziati
Fu carissima ai suoi, carissima a tutti.»
Testo curato e liberamente tratto da “Donne Bolognesi Insigni” di Carolina Bonafede da Susanna Borghi per Ad Alta Voce 2023